METTERE IL TEMPO IN POSA

Santo Eduardo Di Miceli, Una bambina gioca con il tempo in posa, San Cataldo, 2000
Santo Eduardo Di Miceli, Una bambina gioca con il tempo in posa, San Cataldo, 2000

1. IL TEMPO IN POSA

Il tempo in posa è il titolo di un magnifico libro di Gesualdo Bufalino che nel suo testo introduttivo ci tratteggia cosa può essere l’idea del tempo in fotografia.
Si tratta di un testo a commento di una serie di lastre dei fotografi Gioacchino Iacono Caruso, Francesco Meli Ciarcià, Carmelo Arezzo e Corrado Melfi. Sono immagini di una Sicilia perduta, come indica il sottotitolo del libro, sono lastre – fotografie della fine del 1800 e dell’inizio del 1900.

Donna di casa Iacono nella casa di città Iacono, 1896
Donna di casa Iacono nella casa di città Iacono, 1896

In esse vi è la costante cognizione del tempo e delle tradizioni etno-antropologiche di un paese.
Mi piace riassumere questo modo di essere e di descrivere questo corpus di immagini in questa maniera: un uomo, curvato dal tempo, lungo la linea d’ombra al limitare del sagrato di una chiesa in Sicilia: aspetta.
Questa è per me un’immagine decisiva: un uomo o una donna in piedi sul sagrato di una chiesa, alcuni giovani e altri meno giovani che attendono la luce al limitare dell’ombra.

02 - Francesco Meli Ciarcià, Francesco Meli con la moglie e la figlia Francesca, Meli, 1893
Francesco Meli Ciarcià, Francesco Meli con la moglie e la figlia Francesca, Meli, 1893

Il popolo tutto in attesa, in cammino verso un rinnovato inizio, nuovo, eppure già passato, nell’inarrestabile trasfigurazione imposta dalla storia.

“[…] La fotografia è specchio istantaneo della memoria, ogni scatto lascia un’immobile traccia di ciò che è stato, un’impronta ferma di qualcosa che non è più come prima, una sindone silenziosa di qualcuno o di qualcosa che è scomparso per sempre da ogni visibile orizzonte.” 1

Infatti, il tempo in fotografia, è sempre contestualizzato, centrato non solo sui luoghi, sugli eventi ma soprattutto sugli uomini che, ciascuno con il loro complesso destino, contribuiscono alla costruzione della realtà quotidiana.
Il banale gesto quotidiano, così come l’autentico atto creativo passano attraverso la rievocazione, l’ascolto degli echi della memoria. Così il ricordo impone di affrontare la realtà come insieme di sentimenti, pensieri, decisioni.

“[…] L’atto del ricordo pone l’io di fronte al dramma della libertà, alla irrinunciabile quanto drammatica scelta tra il male e il bene. Dona la possibilità di tendere all’edificazione della vita e sfuggire alla desolazione e alla distruzione della morte.”

Per Andrej Tarkovskij:

“[…] il ricordo è decisione d’amore e di misericordia, rischio di fede e di speranza che riporta il cuore dal dolore per un evento ormai trascorso, morto e definitivamente chiuso in se stesso, all’apertura di una nuova vita in una diversa forma, ancora in relazione con il presente.” 2

Quando un fotografo progetta un racconto fotografico, se è sensibile, in esso affiora la consapevolezza di un’Italia in cui, resiste anche la profonda convinzione della responsabilità, in questo momento storico, di formare una collettività diversa, di creare condizioni culturali affinché il cambiamento diventi almeno possibilità, si faccia piccolo ma eloquente mutamento collettivo. È l’ottimismo della ragione e della conoscenza a dettare quest’approccio: ragione e conoscenza sostenute dal fatto, dalla convinzione che tutti sono sempre degni di gioire di una vita giusta e hanno comunque il diritto ad una vita equa. Una vita giusta non può certo farci liberi, ma può sicuramente trasformare il nostro vivere in esperienza di conoscenza e di rinnovamento etico.
Il principio primo del giusto pensiero e della retta azione è dare a ciascuno il suo, ovvero dare a tutti gli altri quello che noi pretendiamo che gli altri diano a noi.
Procedendo in maniera gentile, in stato di grazia e con rigore intellettuale ed umano, si può essere una persona normale, che accetta il proprio destino e decide di vivere e di lottare per ciò in cui crede, senza indugi o scorciatoie.
Un paese che ha coscienza di sè stesso, della propria peculiare identità, che ricorda, che salvaguarda le proprie memorie, i propri uomini, i suoi miti e i suoi riti, è un paese vivo e destinato a vivere nel tempo.

2. FOTOGRAFIA E RICERCA STORICA
Ora, bisogna affrontare alcune questioni alla luce del rapporto tra immagine fotografica e ricerca storica come documento utile per comprendere la storia.
Si tratta di gestire gli argomenti propri della disciplina con cognizione di causa: con un approccio estraneo al canone italiano dominante, tutto teso sulla ricerca estetica.
E pensare che dall’invenzione del procedimento fotografico da parte di Louis Jacques Mandé Daguerre, sono le prime fotografie a documentare la storia:

“[…] Nel 1839 era stata inventata la fotografia 3 e l’invenzione era stata descritta alla Camera dei Deputati dello Stato di Francia il 9 luglio da Jean François Arago. Ma fu il 19 agosto che Arago fu sollecitato a rendere pubblici alcuni particolari dell’invenzione presso l’Accademia delle Scienze e l’Accademia di Belle Arti unite. 4 In quella sede, Arago definì il daguerrotipo come uno specchio dotato di memoria. Questa è certamente la definizione più felice che sia stata data alla sottile piastra metallica in cui l’inventore francese era riuscito ad imprimere l’immagine della camera oscura sulla base delle prime ricerche svolte da Joseph Nicephore Niépce.”

Nel 2002 Peter Burke 5, nel suo trattato sul significato storico delle immagini, narra di una lezione in cui G. Francis esorta ad una raccolta sistematica delle fotografie quali miglior mezzo di rappresentazione dei territori, degli edifici e dei modi di vita.

03 - Gioacchino Iacono Caruso, Gioacchino Iacono con la moglie Nunziata, Cono, 1903
Gioacchino Iacono Caruso, Gioacchino Iacono con la moglie Nunziata, Cono, 1903

Nella considerazione che la fotografia possa essere assunta come una testimonianza storico-antropologica, si pone un quesito fondamentale: una fotografia è autentica o no.
Il fatto è che le fotografie non sono mai, o non sono solo, prove storiche: sono materiale storico esse stesse.
Leopold V. Ranke, a lungo simbolo di una ricerca storica tradizionale, può essere paragonato a Louis J. M. Daguerre perché gli storici, allo stesso modo dei fotografi, operano una selezione sugli aspetti del mondo reale che intendono rappresentare.
Si può pensare che Ranke si comportasse in maniera diversa rispetto a un grande fotografo che sceglie il contesto, il soggetto, l’inquadratura, le lenti?
Nel momento in cui un fotografo opera una scelta, si accinge a lavorare sulla base di un pregiudizio interpretativo che è paragonabile al pregiudizio interpretativo impiegato da uno storico.

04 - Famiglia di contadini nel cortile di casa in contrada Bosco, Iacono, Fine secolo
Famiglia di contadini nel cortile di casa in contrada Bosco, Iacono, Fine secolo

Certo, accettare la storia del popolo e della famiglia in cui si è nati, riconoscere la tradizione culturale in cui si è stati generati, ricercare sino in fondo la vocazione alla libertà e alla creatività dell’uomo, sono i fondamenti di una vita vissuta in maniera vera ed autentica, la strada bellissima e difficile del confronto con le asperità del tuo mondo, della ricerca di sé negli altri e dell’altro in sé.

3. IMPARARE AD AMARE
Fotografare significa imparare ad amare, si scopre che da un racconto fotografico si possono cogliere quelle strutture permanenti, solidali e simboliche; si possono scorgere gli stili di vita, i comportamenti quotidiani ed i tanti modi di essere che contrassegnano l’identità collettiva di un popolo.
Tutti fotografati nel giorno del giudizio:

“ […] non saprei fantasticare un’immagine più adeguata del Giudizio Universale. La folla degli umani è presente, ma non si vede, perché il giudizio concerne sempre una sola persona, una sola vita: quella, appunto, e non un’ altra. E in che modo quella vita, quella persona è stata colta, afferrata, immortalata dall’angelo dell’Ultimo Giorno nell’istante supremo, l’uomo, ogni uomo è consegnato per sempre al suo gesto più intimo e quotidiano.
E tuttavia, grazie all’obbiettivo fotografico, quel gesto si carica ora del peso di un’intera vita, che contrae in sé il senso di tutta un’esistenza. Io credo vi sia una relazione segreta fra gesto e fotografia. Ma vi è un altro aspetto, nelle fotografie che amo, che non vorrei a nessun costo tacere. Si tratta di una esigenza: il soggetto ripreso nella foto esige da noi qualcosa.” 6

05 - Louis Jacques Mandè Daguerre, Dettaglio di Boulevar du temple, Paris, 1838
Louis Jacques Mandè Daguerre, Dettaglio di Boulevar du temple, Paris, 1838

4. VEDERE O GUARDARE
L’occhio del fotografo aspira a vedere oltre alle apparenze, guardare oltre, vedere in movimento.
In una sua poesia Joseph Browskij scrive:

“ […] L’uomo nasce cieco, e cieco ero anch’io, ma Tu, sorgendo, celandoti, hai dato a me la capacità di vedere. Ecco: il vedere pone fine al nero della storia umana.
Si scioglie. Ed è il trionfo del colore, che rivela come il mondo è destino ed è contemplabile.” 7

06 - Santo Eduardo Di Miceli, Vedove aspettano, Sibari, 2001
Santo Eduardo Di Miceli, Vedove aspettano, Sibari, 2001

Quando io vedo, vedo anche la grazia nei movimenti avverto l’energia che promana da quei gesti, antichi e sempre nuovi. Il fotografo quando è umile:

“ […] si erge davanti a noi non soltanto come indagatore della vita, bensì anche come creatore di elevati valori spirituali e di quella particolare bellezza che è in potere soltanto della poesia.
Egli sa scorgere le caratteristiche dell’organizzazione poetica dell’esistenza. Egli è in grado di oltrepassare i limiti della logica rettilinea per esprimere la particolare natura dei sottili legami e dei fenomeni profondi della vita, la sua profonda complessità e verità. ” 8

07 - Santo Eduardo Di Miceli, Cavalli sulla sabbia, Agadir, 2001
Santo Eduardo Di Miceli, Cavalli sulla sabbia, Agadir, 2001

Cosa può essere la bellezza per un fotografo che si trova davanti alla nascita di un immagine.
Un giorno un fotografo che conosco si è trovato in un cimitero in Sicilia, a San Cataldo.
Il suo sguardo ha sfiorato un’insolita visione: dinanzi a sé una croce infissa nel suolo e poi un’altra, su un campo fiorito di papaveri rossi; d’improvviso il fotografo ha colto un filo di luce, che attraversava la finestra di una tomba di famiglia, e si posava, delicatamente, su una croce a terra.
Era la croce di un bambino, poi un’altra e tanti papaveri.

08 - Santo Eduardo Di Miceli, Croci e papaveri, San Cataldo, 2000
Santo Eduardo Di Miceli, Croci e papaveri, San Cataldo, 2000

In quel momento, il fotografo si è ricordato di una citazione di G. Bufalino:

“ […] è difficile oggi per noi, che soffriamo da un giorno all’altro le accelerazioni e i su e giù della storia, immaginare quale dovesse essere la vita in un borgo alla periferia del regno, quasi un secolo fa, al tempo dei lampioni. (…) Sicché nessuna testimonianza a futura memoria saprebbe mai resuscitare quell’ineffabile amalgama di mimiche, gerghi, tics, portamenti, massonerie, di cui s’è costruito in un certo luogo e in certo momento, il volto di una comunità.
(…) Ed è forse qui il nodo di quel conflitto rituale fra padri e figli, fra la generazione che ricordano e quelli che sperano: in questo non sapersi, da parte degli uni rassegnare alla presunzione degli altri che il passato sia solo un enorme massa damnationis che come il cadavere della commedia di Eugène Ionesco, si moltiplica, imputridisce, non si sa come liberarsene.” 9

Santo Eduardo Di Miceli, Preghiera del Padre Nostro, San Cataldo, 2000
Santo Eduardo Di Miceli, Preghiera del Padre Nostro, San Cataldo, 2000

Poi, un’altra volta è capitato di vedere sul sagrato della Chiesa Madre di San Cataldo una bambina correre con semplicità commovente: giocare da sola, a suo modo, con la storia e con il tempo dei suoi antenati, giocare sostanzialmente con il tempo in posa.
Ecco come può fare un fotografo a mettere il tempo in posa semplicemente rileggendo la memoria della sua terra e rinnovandola.
Ricordare il tempo e provare a metterlo in posa.

Note:

  1. Giovanni Chiaramonte, L’immagine come ricordo, in a cura di Giovanni Chiaramonte, Andrej A. Tarkovskij; Andrej Tarkovskij, Luce istantanea, Ed. della Meridiana, Firenze, 2002;
  2. Idem;
  3. Beaumont Newhall, Storia della fotografia, Einaudi, Torino, 1982;
  4. Idem, Arago aveva sostenuto l’iniziativa e la Camera dei Deputati aveva approvato il progetto che divenne legge il 7 agosto dello stesso anno. La legge era stata firmata da re Luigi Filippo dopo che Daguerre aveva fatto una dimostrazione pratica del suo procedimento il 2 agosto davanti alla Camera dei Pari;
  5. Peter Burke, Testimoni oculari, il significato storico delle immagini,
    Carocci Editore, Roma, 2002;
  6. Giorgio Agamben, Profanazioni, Nottetempo s.r.l., Roma, 2005;
  7. Josif Brodskij, Fuga da Bisanzio, Adelphi, Milano, 1987;
  8. Andrej Tarkovskij, Scolpire il tempo, Ubulibri, Milano, 1988;
  9. Gesualdo Bufalino, Il tempo in posa, Sellerio Editore, Palermo, 1992;

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